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Copertina della newsletter di Aprile 2023. Mostra un reticolo di luci, collegate e incrociate tra loro. Interconnesse, come ogni persona sulla Terra.

Necessità, per sopravvivere

Tra le numerosissime riflessioni che un approccio filosofico ci aiuta a condurre quando parliamo di Necessità, una ci pare particolarmente adatta al qui e ora in cui ci troviamo a vivere.

Nasce dal significato di necessità in senso ontologico che Aristotele esplora quando, nel quinto libro della Metafisica, definisce necessità: “ciò che non può essere diverso da come è. Diciamo che è necessario che così sia […] Quando è impossibile che il bene e la vita esistano, senza che ci siano determinate cose, queste sono necessarie e questa causa è una necessità”.

Per questo riteniamo che diversità e inclusione siano ‘necessità’.  

La prima perché senza diversità non ci sarebbe la vita, la seconda perché senza inclusione non potrà esserci sopravvivenza nostra e del nostro pianeta.

L’inclusione non può più essere descritta come un’aggiunta o un optional: è una necessità politica, sociale ed economica e riconoscerlo è urgente. Di conseguenza anche una mentalità – un mindset – e un approccio interculturale costituiscono una necessità. E pertanto anche il dialogo lo diventa. 

Potremmo definirla una consapevolezza ‘evolutiva’.

Mentalità, competenza e dialogo

Siamo in grado, oggi, di intraprendere un cammino tale da rendere la società globale più armoniosa, ricca e stabile e le persone più vicine tra loro, non solo ‘malgrado le differenze’ ma, piuttosto, dando valore all’unicità di ciascuna?

Possiamo, ad esempio, se decidiamo di coltivare - in noi e negli altri - la qualità e la competenza che, nel frame degli IDGs, sono indicate come “Mentalità inclusiva e competenza interculturale. Disponibilità e competenza ad accogliere la diversità e a includere persone e collettivi con punti di vista e background diversi”.

Non si tratta solo di fare uno sforzo cognitivo, ma soprattutto di sviluppare la capacità di comprendere e comprendersi reciprocamente. 

Pensiamo alla società come a una 'comunità comunicativa' nella quale le identità degli attori sociali e delle società si costruiscono solo attraverso l'interazione con l'altro, vediamo bene come, per rendere possibile questa interazione non basti solo la comprensione linguistica.  

La filosofia ci insegna che l’identità non è predefinita, ma si costruisce con l’intersoggettività, con il confronto. La società civile che ne risulta è una comunità di persone libere che si riconoscono nell’altro - e attraverso il confronto l’altro conoscono se stessi - in una comunicazione spontanea.

Confronto

La questione si complica nel momento in cui le società globali - avendo costruito la propria identità attraverso cultura e religione - alla prova della convivenza ritengono possibile solo un processo di assimilazione.

Eppure, l'assimilazione è il contrario dell'inclusione.

In sociologia, viene definito ‘assimilazione’ il processo di assorbimento, da parte di un individuo o di un gruppo, dei modelli culturali, sociali, ecc. di un altro gruppo. È evidente che questo implica rinunciare alla propria identità. Può essere mai questo poco doloroso? Pensiamoci.

Quando diciamo ‘inclusione’ portiamo l'attenzione sul contesto. Tutte le persone, in qualunque modo, coinvolte sono in grado - e desiderano liberamente - di immaginare e mettere in atto azioni trasformative di quello stesso contesto, per permettere a ogni persona - sia nuova arrivata che 'vecchia' - di esistere e esprimersi nello spazio comune mantenendo le proprie caratteristiche e la propria identità e arricchendosi dal mescolarsi con persone che hanno altre caratteristiche e identità differenti.

Questo richiede una disponibilità reciproca a includere, a includersi, attraverso l’ascolto e il dialogo, autentici, quotidiani e costanti.

Spazio al dialogo

Dare spazio al dialogo non significa legittimare posizioni che ci sembrano inaccettabili, significa invece essere convinti che chi ci sta davanti e argomenta con noi non è un pazzo o un nemico, ma una persona diversa da noi, con idee e convinzioni che vale la pena di ascoltare con attenzione e intenzione, per capire, prima di rifiutare.  

La nostra forza non sta nel rifiutare il confronto ma nell’accettarlo e trasformarlo in dialogo, in una conversazione generativa di nuovi pensieri e nuove possibilità.  

Puoi approfondire la riflessione su Inclusione e dialogo come necessità per il nostro intero mondo leggendo l'articolo di Myriam Ines Giangiacomo, a questo link.

Empathy walk

Si tratta di una pratica sviluppata da Edgar Schein del MIT di Boston, uno dei padri dello sviluppo organizzativo. La proponiamo, con testo tradotto e adattato, come spinta gentile a sfidarci, a uscire dalle comfort zone in cui tendiamo a stagnare, a superare i confini un po' angusti nei quali ci siamo, talvolta involontariamente e inconsapevolmente richiusi. Lasciare il computer, uscire da casa, avventurarci.

Puoi scaricarla qui.

Ispirare

E mentre scriviamo di dialogo e di apertura come necessità improrogabile del nostro presente, ci risuona nella mente una canzone di Giorgio Gaber, buona per il 1974, buona forse anche di più per l'oggi di cui parlavamo prima. Puoi ascoltarla da qui.

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