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Cari amici,
con questa ultima newsletter del 2015, vogliamo salutarvi e augurarvi non solo delle buone feste ma soprattutto che la pace, la solidarietà, la condivisione siano la direzione verso la quale orientarci nelle azioni e nei pensieri di tutti i giorni. La Natura in questo ci aiuta e l'invito che vogliamo farvi è quello di trascorrere più tempo possibile all'aria aperta, in un bosco come in un parco cittadino, in riva al mare come in campagna.
 
Stare all'aria aperta e non chiusi in un centro commerciale, non fa solo bene alla salute ma anche allo spirito sia degli adulti che dei bambini. Perchè se da grandi ci portiamo dentro ciò che abbiamo amato far da piccoli all'aria aperta, giocando nei giardini, nei cortili, nelle piazze, dobbiamo trovare il modo per far si che anche i bambini di oggi possano crescere con le stesse esperienze che ci hanno arricchito, e questo non solo per loro, ma anche per la Natura, perchè a lei, crescendo, dimostreranno attenzioni, cure, rispetto, amore.
Gli anziani Lakota dicevano ai bambini: “Sediamo in grembo a Madre Terra, dalla quale noi e tutti gli altri esseri viventi veniamo. Presto ce ne andremo ma il luogo in cui siamo ora rimarrà per sempre”. Così imparavamo a sederci per terra e a diventare consapevoli della vita in noi nelle sue innumerevoli forme.
Capo Luther Orso in piedi
 
Per concludere e salutarvi, se vorrete scoprire le nuove proposte e approfondire alcune tematiche a noi care, troverete tutto nella selezione di articoli che abbiamo preso in esame in questo mese. 
 
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23/24 GENNAIO 2016 - EDUCATIONAL DI AGGIORNAMENTO E FORMAZIONE PER DIRIGENTI SCOLASTICI E INSEGANTI SU: SPECIALE NEVE-SCUOLA
NON SOLO SETTIMANE BIANCHE
Educational di Aggiornamento e Formazione, per dirigenti scolastici e insegnanti delle Scuole di primo e secondo grado su “SPECIALE NEVE SCUOLA - NON SOLO SETTIMANE BIANCHE” – WINTER OUTDOOR EDUCATION
 
Nell’ambito dei progetti di sostenibilità ambientale, Forestalp Società Cooperativa, accreditamento MIUR decreto n. AOODPIT.852 del 30/07/2015 per la Formazione del personale scolastico, e il Centro di Educazione Ambientale dei Due Parchi di Arquata del Tronto (AP), inserito nel sistema INFEA della Regione Marche, propongono un Educational formativo  su: Speciale Neve Scuola – Non solo Settimane Bianche. L’ Educational darà la possibilità ai partecipanti di conoscere, documentarsi e provare in prima persona alcune modalità di approccio didattico/educativo attraverso attività sportive e di movimento in ambiente naturale legate al periodo invernale solitamente dedicato esclusivamente alle settimane bianche di sci nordico.
Una proposta di Educational formativo, per visitare l’area protetta dei Monti Sibillini e partecipare ad esperienze laboratoriali  con  l’obiettivo  di  presentare,  far conoscere  e  far  vivere  le nostre proposte  attraverso  percorsi naturalistico/sportivi/didattici appositamente preparati per gli alunni.
I docenti  partecipanti avranno infatti la possibilità di aggiornarsi e di apprezzare le caratteristiche di accessibilità e fruibilità delle attività educativo/didattiche proposte: escursionismo con le ciaspole, orienteering sulla neve, laboratorio didattico di costruzione di un igloo, pattinaggio su ghiaccio.
Il tema centrale dell’ Educational sarà la cura delle relazioni all'interno del gruppo di giovani attraverso la partecipazione alle “Attività di movimento in ambiente naturale invernale”  . Questo è infatti per i proponenti, il nodo centrale che permette di strutturare proposte, attività e contesti che risultino realmente inclusivi per tutti i componenti del gruppo.
L’ Educational che proponiamo si svolge:
  • Sabato e domenica 23 e 24 gennaio 2016 nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini
La partecipazione agli Educational prevede una quota di iscrizione di € 70,00 da versare dopo la conferma dell’avvenuta accettazione all’Educational Formativo da parte della segreteria organizzativa 
Forestalp  è soggetto accreditato dal MIUR per la Formazione degli insegnanti. Tali attività formative sono riconosciute dall’Amministrazione e danno diritto, nei limiti previsti dalla normativa vigente al riconoscimento dell’esonero dal servizio del personale della scuola che vi partecipa. A tutti gli insegnanti partecipanti sarà rilasciato un attestato per 18 ore formative.

 PROGRAMMA DETTAGLIATO QUI
GITE E VIAGGIO D'ISTRUZIONE PRIMAVERA 2016
E' ORA DI PROGRAMMAZIONE
Cominciare a programmare gite e soggiorni scolastici per la primavera 2016
Forestalp è un Tour Operator specializzato nella progettazione ed organizzazione di proposte per le scuole di ogni ordine e grado. Forestalp opera nel settore del turismo verde scolastico: viaggi di istruzione, gite di istruzione,  campi scuola ed educazione ambientale dal 1984: più di trentanni per un percorso professionale vissuto intensamente, lavorando a fianco di insegnanti e studenti provenienti da scuole di tutt'Italia.
Le nostre attività nascono dalla volontà di favorire un contatto con l'ambiente naturale stimolando allo stesso modo un maggiore interesse verso la tutela della natura e verso la qualità dell'ambiente in cui viviamo.
Forestalp è inoltre soggetto accreditato dal MIUR per la formazione del personale della Scuola 
Tutte le proposte sul nostro sito
CAMMINARE D'INVERNO: UN VERO TOCCASANA
Camminare d'inverno: un vero toccasana
Passeggiate e Ciaspolate per stare in compagnia, per conoscere nuovi posti, per il nostro benessere psico-fisico. http://www.forestalp.com/home/turismo-attivo/escursionismo-e-trekking/
Se l’idea di camminare in una giornata fredda ti spaventa, sappi invece che è un grande toccasana per la tua salute!
Le giornate fredde non ti devono isolare in casa. Anche se il pensiero di fare una passeggiata fuori quando fa freddo ti spaventa un po’, ai tuoi piedi può fare molto bene:
1. Stimola la circolazione del sangue e libera il corpo dalle tossine. E’ molto utile per i fumatori, ma anche dopo le vacanze invernali o quando ci sentiamo “oppressi” a causa dei pasti pesanti.
2. Attenua l’anemia. L’aria durante l’inverno contiene più ossigeno dell’estate, una cosa di grande aiuto per gli anemici. D’altra parte, il clima freddo “muove” il sangue conservato al livello del fegato e milza, cosa che porta all’alleviamento dei sintomi dell’anemia. Il cuore e il cervello sono gli organi che soffrono maggiormente a causa del trasporto scarso di ossigeno.
3. L’aria fredda tonifica le funzioni cerebrali. A differenza delle camminate ad aria calda in estate, l’inverno ci aiuta a pensare e a concentrarci meglio. Le passeggiate “al freddo” sono raccomandate in particolare alle persone sedentarie o a quelle che lavorano in ufficio.
4. Previene la spasmofilia e l’osteoporosi. Anche se d’inverno il sole è più nascosto tra le nuvole, gli esperti ci assicurano che 20 minuti di passeggiata all’aria aperta favoriscono la sintesi della Vitamina D, necessaria per fissare il calcio nelle ossa.
5. Tratta la stanchezza cronica. Se nei mesi estivi le persone che soffrono di stanchezza cronica si sentono ancora più spossate a causa del calore, l’inverno è il momento perfetto per trattare questa condizione. Camminare in inverno migliora la qualità del sonno, aspetto particolarmente importante per le persone che si sentono sempre stanche.
6. Previene e cura la depressione. L’aria durante l’inverno è più ricca di ioni negativi che d’estate e l’esposizione regolare alla loro azione può curare la depressione stagionale.
7. Rinvigorisce il sistema immunitario e noi soffriremo meno delle malattie di stagione.
Sandra Ianculescu
PASSEGGIARE E PEDALARE AL PARCO DEL CONERO

PASSEGGIARE e PEDALARE  AL PARCO DEL CONERO


Partendo dalla nostra esperienza nel settore del trekking e dell'escursonismo, abbiamo realizzato per voi due road-book dettagliati per scoprire autonomamente il Parco del Conero.
http://www.forestalp.com/home/risorse/sentieri/
Il Parco Regionale Naturale del Conero è un palcoscenico di rara bellezza che comprende un tratto di costa alta, oltre ad un’ ampia fascia collinare interna, caratterizzati da scorci panoramici e da tanta storia. Un’area in totale di 6011 ha ricadenti nei territori di Ancona, Camerano, Numana e Sirolo. Di sassi bianchi come la pietra del Conero sono le calette ricavate dal Monte Conero, l’emergenza alta 572 m. a picco sull’Adriatico, unica nel suo genere da Trieste al Gargano.
Le sue pendici orientali sul mare sono costituite da falesie calcaree e nella parte restante è dominato da vaste formazioni mediterranee e boschi misti. Originatosi a seguito di una lunga azione di sedimentazione marina iniziata nel Giurassico, il Monte Conero è emerso nel Pliocene, cinque milioni di anni fa. La presenza di cave dismesse, rende il Parco un ‘libro aperto’ sulla storia geologica della zona e sull’ intera successione stratigrafica dell’ Appennino umbro-marchigiano. Di particolare importanza è la cava di Massignano, divenuta sezione tipo mondiale per il passaggio Eocene/Oligocene, oggi attrezzata per le visite. Istituito nel 1987 per tutelare ricchezza e varietà di flora e fauna e di tesori culturali, il Parco Regionale del Conero vanta numerose peculiarità botaniche come l’euforbia arborescente, la violaciocca e il finocchio selvatico.
Tra le specie di mammiferi la salvaguardia del territorio consente la presenza del tasso, volpe, puzzola, riccio, donnola. Ed anche se non autoctoni ma ormai adottati dall’area protetta, di cinghiali e caprioli. Punto noto di migrazione di rapaci, prezioso per chi ama il birdwatching, non di rado il Parco regala altresì lo spettacolo di aironi in volo o posati in punti di sosta.
Approdo nel IV sec. A. C. dei Greci che hanno risalito le coste meridionali in cerca di città da fondare, nel Conero i Dori hanno gettato le ancore e fissato la dimora, chiamando Komaros (corbezzolo) il promontorio ed Ancon (gomito) la curva settentrionale del Monte. Nel suo punto più alto c’è la Chiesa di San Pietro con i resti del complesso monastico edificato poco dopo l’Anno Mille, dove vengono conservati elementi romanici come i capitelli decorati con motivi floreali o animali.
Nell’ Area Protetta è incastonata parte di Ancona, capoluogo delle Marche, la città in cui il sole sorge e tramonta sul mare. E’ entrando dal porto della dorica che se ne apprezzano storia e ricchezze naturali. Da lì, alzando lo sguardo, si ammirano le linee romaniche della cattedrale di San Ciriaco, che con il suo portale vanvitelliano, simbolica porta che unisce l’Oriente all’Occidente, si protende sull’ Adriatico. Altre emozioni anche dopo aver visitato i numerosi monumenti e piazze disseminati in città. Dal Passetto, attraverso una strada panoramica si giunge invece a Portonovo, l’incantevole baia dall’arenile bianco e ciottoloso con i suoi due laghetti salmastri retrodunali, la Chiesetta romanica di Santa Maria, la Torre De Bosis (una torre di guardia settecentesca) ed un Fortino Napoleonico.
Sirolo, borgo medievale, è uno dei gioielli del Conero sviluppatosi entro una rocca fortificata a strapiombo sul mare dove si trovano le spiagge ricercate da chi ama i paesaggi mozzafiato.
Confinante con Sirolo è Numana antico porto piceno rifondato nel V secolo a.C. dai Siracusani. La cittadina offre al visitatore un centro storico caratterizzato da viuzze che si snodano tra casette ed una parte che vive attorno al porticciolo delimitato a nord da una scogliera alta e frastagliata, a sud dalle spiagge attrezzate ed al centro di Marcelli. Come a Sirolo, a Numana sventola la Bandiera Blu sinonimo di acqua limpida e servizi efficienti.
In questo quadro si inserisce perfettamente Camerano, dalle antichissime origini, nel cui sottosuolo si dirama un articolato percorso ipogeo. Detta la ‘Capitale del Rosso Conero’, è un eccellente connubio di arte e natura.
L’ Area Protetta del Conero, paradiso degli escursionisti, è percorsa da sentieri adeguatamente segnalati che raggiungono l’ apice delle sfumature in primavera, quando le ampie radure sono fiorite. Gli itinerari, percorribili anche in mountain bike o a cavallo, sono praticabili con l’aiuto della segnaletica, della carta per escursionisti e, a richiesta, delle guide del Parco.
I prodotti tipici di questa terra sono il vino Rosso Conero, il miele, l’olio, la lavanda.
COP21, ECCO DI COSA PARLA L'ACCORDO DI PARIGI
SUL CLIMA
Cop21, ecco di cosa parla l’accordo di Parigi sul clima
Dopo due settimane di negoziati il nuovo accordo sul clima è stato firmato dai rappresentanti dei diversi paesi presenti alla Cop21. Ecco cosa dice
Parigi – “Un accordo giusto, duraturo, bilanciato”, così Laurent Fabius, presidente della Cop21, ha definito l’accordo sul Clima di Parigi introducendo, questa mattina, il testo definitivo ai rappresentanti degli stati partecipanti. “Se lo rigetterete”, ha proseguito Fabius, “i nostri figli in tutto il mondo non ci capiranno né ci perdoneranno”.  
“Questo, se voi vorrete, sarà il primo accordo universale sul clima”, ha ribadito il presidente francese Francois Hollande. “Non capita spesso nella vita di avere l’opportunità di cambiare il mondo, voi oggi avete quest’opportunità”. E i ministri e rappresentanti dei 195 paesi più l’Eu non si sono tirati indietro: dopo un’altra lunga sessione di discussioni, con un’assemblea plenaria il testo è stato adottato. La cerimonia ufficiale di firma sarà il 22 aprile 2016 a New York e l’entrata in vigore del trattato, non prima del 2020, avverrà 30 giorni da quando almeno 55 parti responsabili di almeno il 55% delle emissioni di gas serra lo avranno ratificato.
L’obiettivo del nuovo accordo universale
L’accordo prevede un obiettivo davvero molto ambizioso: contenere l’aumento della temperatura globale del pianeta ben al di sotto dei 2°C, perseguendo idealmente il goal di +1,5°C. Promotori di quest’obiettivo sono stati i rappresentanti delle piccole isole e degli altri stati più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico, per i quali quel mezzo grado può fare la differenza tra la vita e la morte. In questo il testo non è cambiato rispetto alla formulazione di giovedì scorso che Hans Joachim Schellnhuber, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research aveva commentato così:“L’accordo punta a limitare il riscaldamento globale tra 1,5°C e 2°C, ed è in linea con l’Ipcc e le ultime ricerche scientifiche”.
Il resto dell’accordo, però, ha sottolineato Steffen Kallbekken, direttore del Centre for International Climate and Energy Policy, non sarebbe coerente con l’obiettivo.
Il testo infatti non fornisce una chiara road map, né obiettivi a breve termine, ma si basa completamente sulle Indc dei singoli paesi. Queste dovranno sì essere revisionate nel 2018, ma allo stato attuale mettono il mondo in una traiettoria di aumento della temperatura tra i 2,7°C e i 3,7°C. “Secondo le conclusioni dell’Ipcc, per limitare il riscaldamento a 2°C dobbiamo tagliare le emissioni rispetto al 2010 del 40-70% entro il 2050. Per raggiungere il target di 1,5°C il taglio deve essere più sostanziale, tra il 70 e il 95% entro il 2050”, ha dichiarato oggi Kallbekken. 
Questi numeri però sono scomparsi dal testo rispetto alle versioni precedenti, così come il concetto di decarbonizzazione, sostituiti da più generali obiettivi di â€œbilancio tra emissioni antropogeniche e rimozione di queste da parte dei cosiddetti sink biosferici (come oceani e foreste, nda) nella seconda metà del secolo”. La differenza l’ha spiegata Johan Rockström, direttore esecutivo dello Stockholm Resilience Centre, davanti al testo pubblicato giovedì:  â€œCon decarbonizzazione”, spiegava Rockstrom, “si intende il totale abbandono di carburanti fossili, la formula prevista in questo testo implica invece la possibilità di poter continuare a usare questo tipo di carburanti”. Oggi Rockstrom ha così commentato il nuovo testo: “Parigi è un punto di partenza. Ora abbiamo bisogno di azioni coerenti con la scienza per raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050 e uno sviluppo sostenibile”. 
Gli altri punti chiave del testo
Per quanto riguarda il nodo chiave della differentiation, la diversa responsabilità storica tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo secondo quanto stabilito dalla convenzione e un conseguente diverso impegno finanziario, questa è prevista in qualche misura dall’accordo, anche se non quanto desiderato da alcuni degli attori. Secondo il testo, “i paesi sviluppati devono fornire le risorse finanziarie per assistere i Paesi in via di sviluppo”. I 100 miliardi l’anno a partire dal 2020, previsti dall’100 billion goal, sono un punto di partenza e ulteriori fondi devono essere stanziati in misura che sarà decisa nel 2025. Tuttavia mancano dettagli sulle effettive dimensioni di questi finanziamenti, su quando e su come saranno forniti. 
L’accordo riconosce anche l’importanza di investire di più in adaptation e resilience, ma anche qui non entra nello specifico di azioni concrete e fondi stanziati, pur stabilendo che dovranno essere i Paesi sviluppati a fornirli. Conferma poi il Meccanismo di Varsavia per la valutazione delle perdite e dei danni subiti da alcuni paesi a causa del riscaldamento globale, anche se esclude la possibilità di individuare responsabilità civili o di stabilire risarcimenti specifici.
Per quanto riguarda i meccanismi di trasparenza e revisione,  il testo stabilisce una cornice flessibile all’interno della quale si chiede alle nazioni di presentare regolarmente un inventario delle emissioni prodotte e assorbite, aggiornamenti sui progressi fatti nel raggiungimento degli obiettivi previsti e informazioni sul trasferimento di capitali e conoscenze tecnologiche e supporto alla capacity-building. Viene poi stabilito un meccanismo che prevede la revisione da parte della Cop stessa dei progressi relativi a questo accordo e  una rivalutazione degli impegni individuali (per fare in modo che portino all’obiettivo finale, cosa che oggi non fanno) ogni 5 anni a partire dal 2023
Mancano anche, ed è una sconfitta per l’Unione europea, obiettivi in merito alle emissioni dovute ai trasporti internazionali per via area e marittima che erano invece parte del testo di Copenhagen e che insieme, ricorda Kevin Anderson, del Tyndall Centre for Climate Change Research, “equivalgono le emissioni di Germania e Regno Unito combinate”. 
Imperfetto, debole ma pur sempre un punto di svolta
Un testo molto più debole di quanto sperato da molti e soprattutto di quanto necessario, dunque. Allo stesso tempo, però, per certi versi è un accordo storico, se non fosse altro che per l’obiettivo ambizioso, il riconoscimento del rischio rappresentato dal riscaldamento globale e della necessità di una risposta collettiva, e soprattutto della straordinaria – universale – partecipazione, come ha sottolineato a Wired Francesco La Camera, direttore generale degli Affari generali e del personale del ministero dell’Ambiente: “Abbiamo visto qui 150 e più capi di stato, cosa che non è mai accaduta prima nella storia delle Nazioni Unite, 185 paesi hanno presentato le loro Intended Nationally Determined Contribution [Indc, le azioni che intendono intraprendere, ndr] che coprono oltre il 90% delle emissioni, mentre l’accordo di Kyoto ne copriva appena il 12 per cento…chi non considera questo quadro generale fa un errore”. 
Anche molte delle Ong presenti alla Cop, pur lontane dall’essere soddisfatte, riconoscono che questo è un momento di svolta: “Questo accordo mette l’industria dei carburanti fossili dal lato sbagliato della storia. Molto in questo testo è stato diluito ed epurato dalle persone che saccheggiano il nostro pianeta, ma contiene il nuovo imperativo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C”, ha dichiarato Kumi Naidoo, direttore esecutivo di Greenpeace.
“Questo testo marca la fine dell’era dei carburanti fossili, non c’è modo di raggiungere gli obiettivi enunciati in questo accordo senza tenere carbone, petrolio e gas nel terreno”, ha dichiarato invece May Boeve, direttore esecutivo di 350.org.
Sono infine tutti d’accordo che questo è solo un punto di partenza, che molto viene lasciato a future Cop e negoziati e anche che bisogna cominciare a lavorare subito: il testo prevede, da adesso al 2020, di impegnarsi a rispettare gli accordi presi a Kyoto e a Doha. Per quanto riguarda l’Italia, si comincerà presto a lavorare ai progetti previsti dagli accordi bilaterali stipulati durante questi giorni e prima della Cop21 “con quei paesi che stanno subendo in maniera maggiore gli impatti del cambiamento climatico, quindi fondamentalmente le isole del Pacifico, ma anche con i paesi dei Caraibi e Maldive”, come spiega La Camera. “Abbiamo anche accordi con il Botswana, Lesotho, Egitto e ne firmeremo presto uno con Panama che riguarderà attività legate alla foresta pluviale”.
L’Italia sta anche trasferendo fondi alla Banca Mondiale per progetti in Africa per la produzione di energia elettrica off-grid che coinvolgono villaggi non raggiunti dalla rete principale. “Dovremmo investire in Africa, da qui al 2020, 600 milioni di euro che possono produrre un leverage molto alto”, ha raccontato il direttore Generale. “Per quanto riguarda gli accordi bilaterali invece si tratta cifre molto modeste che però servono a creare una migliore capacity building”.
Fonte in allegato il pdf
IMPARARE LA MATEMATICA NELL'ORTO DELLA SCUOLA
Una mattina di quest’autunno una maestra della scuola elementare Los Cerritos di Long Beach, in California, ha detto ai bambini che avrebbe spiegato il concetto di approssimazione mettendolo in pratica. Un bambino ha alzato subito la mano per chiedere di cosa si trattava.
La maestra, Jessica Brimley, non si è limitata a dargli una risposta o a suggerirgli di cercare nel dizionario, ma ha usato la natura: d’altronde la sua classe non è al chiuso, ma si trova nell’orto di 4.500 metri quadri della scuola, un metodo che sempre più insegnanti usano per coinvolgere gli alunni durante le lezioni.
Per fargli capire cos’è l’approssimazione, Brimley ha preso un righello e ha spiegato come lo usano i contadini per piantare gli alberi in filari diritti: “Hanno orti meravigliosi”, ha osservato, “ma dei righelli sporchissimi”.
Brimley ha detto ai bambini che possono usare le mani o le dita per calcolare la distanza tra le piantine. Gli alunni si sono messi all’opera, usando il dito per interrare i semi di carota nella Urban farmyard, la fattoria della scuola.
Una volta alla settimana ogni classe di Los Cerritos gironzola una mezz’oretta tra le file di piantine per osservare come stanno crescendo. Dianne Swanson, una maestra dell’asilo, ha aperto l’orto con quattro aiuole nel 2000, cinque anni dopo che Delaine Eastin, sovrintendente all’istruzione della California, aveva auspicato che ogni scuola dello stato ne avesse uno. Oggi, secondo alcune stime, le scuole californiane che hanno un orto sono qualche migliaio.
L’orto di Los Cerritos ha 22 aiuole coltivate con più di 35 specie vegetali diverse, un piccolo frutteto e varie piante autoctone resistenti alla siccità. Premi e donazioni da parte di privati, per un totale di oltre 40mila dollari, hanno fatto prosperare la fattoria della scuola, mentre l’associazione di genitori e insegnanti ha raccolto fondi per assumere Brimley come coordinatrice: tiene lezioni nell’orto quattro giorni alla settimana.
Gli insegnanti di Los Cerritos usano la fattoria per insegnare matematica, scienze, storia e arte – tutte, ovviamente, con grande attenzione all’ambiente.
“Gli alunni imparano quanto concime serve al terreno, fanno assaggi a campione sulla frutta e la verdura e trascrivono i risultati su grafici a barre o diagrammi”, dice Swanson. “Raccolgono anche dati sulla lunghezza dei lombrichi”.
Frequentare la fattoria della scuola aiuta i bambini a capire concetti come la catena alimentare, la fotosintesi, l’ecosistema e perfino la storia.
“Ho dedicato qualche lezione ai nativi americani e ai coloni”, aggiunge Swanson. “Abbiamo seminato le colture che usavano per tingere. Abbiamo coltivato il grano, l’abbiamo raccolto e trebbiato. Abbiamo fatto tutto a mano”.
Queste lezioni pratiche rispettano anche i common core state standard, che puntano sulle abilità impiegate nel mondo reale. La lezione sull’approssimazione, per esempio, risponde ai requisiti per l’insegnamento della matematica, secondo cui fin dal primo anno gli alunni devono imparare il concetto di misura e sviluppare il modo di rappresentare e interpretare i dati.
Le ore trascorse nella fattoria sono una delle attività preferite di Audrina Sanchez, prima elementare, perché rappresentano un’esperienza sensoriale innovativa, a contatto con l’ambiente: “Mi piace imparare la matematica all’aperto, perché ci sono suoni e rumori nuovi”, ha detto.
Secondo Carol Hillhouse, direttrice del programma di orticoltura scolastica all’università della California, ai ragazzi fa bene studiare in un ambiente che coinvolge la testa e i sensi. In particolare per i bambini che hanno difficoltà a concentrarsi in classe perché soffrono del disturbo di deficit di attenzione o iperattività.
“Potresti essere nell’orto per una lezione di matematica, e intorno a te ci sono gli odori e i suoni”, dice Hillhouse. “E c’è un bambino che chiacchiera con quello a fianco. Possiamo imparare molte cose in quella lezione”.
L’orto delle elementari di Los Cerritos serve anche a tutta la comunità. La scuola divide il raccolto con le famiglie povere e con una comunità all’interno di un programma agricolo. Studenti e insegnanti assaggiano frutta e verdura mentre lavorano, e a volte cucinano o preparano dei frullati. Sono attività che attivano le competenze matematiche dei bambini e li avvicina, a volte per la prima volta, al cibo sano.
Judy Culbertson, direttrice esecutiva della California foundation for agriculture in the classroom, racconta che alcuni pedagogisti hanno sollevato dei dubbi sugli orti scolastici.
La fondazione fornisce agli insegnanti pubblicazioni, guide e altre risorse gratuite per sviluppare lezioni che ruotano intornano all’agricoltura. Ma nonostante questi materiali, non tutte le scuole riescono a promuovere un corso di studi dedicato all’orto.
“Abbiamo scuole che non hanno spazio per un orto”, dice Culbertson. “Molte ne coltivano uno dentro a una carriola che spostano al sole ogni giorno. Sono idee creative che sosteniamo, perché aiutano gli studenti a capire da dove nasce il cibo”.
Inoltre per fare un orto bisogna assumere personale docente che tenga lezioni di agricoltura, e questo può avere costi proibitivi per le scuole.
Molte non hanno i soldi per assumere una coordinatrice a tempo pieno come Brimley. Secondo quanto risulta da un’indagine del 2014 promossa da Life lab, un’organizzazione che incentiva l’educazione basata sull’agricoltura, la maggior parte delle scuole californiane riceve per l’orto meno di 2.500 dollari.
Il sondaggio è stato effettuato su 558 scuole ed è risultato che il 20,2 per cento ha un fondo per l’orto di 500 dollari, il 10,5 per cento tra 500 e mille dollari, l’11,1 per cento tra i mille e i 2.500 dollari; quasi il 15 per cento non ha alcuna voce di bilancio a riguardo.
“Gli orti scolastici sono un ottimo metodo di apprendimento per i bambini, ma non c’è un adeguato sostegno economico per gli insegnanti e per le strutture”, sostiene Hillhouse. “L’orto ha bisogno di risorse e personale, come una biblioteca”.
I 476 partecipanti al sondaggio di Life lab che hanno un orto concordano sui benefici per i bambini: il 29,6 per cento ritiene che il rendimento scolastico sia migliorato, per il 57,6 è migliorato l’atteggiamento nei confronti della scuola e per il 63,9 per cento è migliorata la socialità.
Quest’ultimo dato mostra l’aspetto più romantico dell’orto scolastico. “Le piante crescono e si sviluppano con i loro tempi. Hanno bisogno di cura e di sicuro questo rafforza alcuni dei nostri migliori istinti di empatia”, commenta Hillhouse. “Sono qualità importanti che usiamo tutti i giorni. E non sempre, di questi tempi, i bambini le ricevono a casa o in altri momenti della loro vita”.

(Traduzione di Alessandro De Lachenal)
fonte

Esperienza Italiana alla Scuola di E.Pistelli di Camaiore

 
MENSE  BIO: UN DIRITTO E UNA SCELTA PER LA SALUTE
Mense BIO: un diritto e una scelta per la salute
Renata Alleva
Sono molti ormai gli studi scientifici che hanno mostrato che attraverso gli alimenti  siamo esposti ai pesticidi, i cui metaboliti troviamo nelle urine, sottolineando quanto la dieta è determinante, visto che passando ad una dieta biologica, i pesticidi nelle urine diminuiscono fortemente fino a scomparire. L’esposizione cronica ai pesticidi,  (ossia a piccole dosi prolungate nel tempo) è la più pericolosa per la salute in quanto, i suoi effetti si vedono a lunga scadenza e sopratutto non sono calcolabili, vista la diversa ed individuale sensibilità agli effetti tossici di queste sostanze. Una cosa certa è che i bambini sono un esempio di esposizione cronica, che può iniziare dalla vita intrauterina, attraverso la mamma per poi proseguire in età neonatale e infantile, periodi questi’ ultimi  in cui, il cibo diventa un veicolo importante  perchè per volume corporeo,  i bambini  ingeriscono una quantità superiore di alimenti rispetto ad un adulto, e ben sappiamo però che rispetto ad un adulto un bambino ha sistemi di detossificazione ancora immaturi, pertanto un principio di precauzione sarebbe appunto ridurre al minimo l’esposizione ambientale e attraverso il cibo.  L’alimentazione biologica riveste un ruolo di prevenzione importantissimo  fin dallo svezzamento,  ed è in questo contesto che l’educazione alimentare  dei genitori diventa fondamentale  e non secondaria ad un’altra improrogabile necessità, le mense biologiche, indispensabili,  negli asili nido, nella scuola materna e secondaria, e nelle mense scolastiche in genere. E’ bene sapere in proposito, che le mense bio non sono un optional o un lusso, ma un diritto come sancito dall’articolo 59 della legge n.488/1999 ( “Finanziaria 2000”) secondo il quale â€œper garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta”.
In ogni mensa di nidi per l’infanzia, scuole per l’infanzia, scuole elementari e medie (e in ogni ospedale), quindi, l’introduzione di prodotti biologici non è solo opportuno perchè suggerito dai lavori scientifici, ma un obbligo previsto dalla legge.  Attualmente sono 9 le regioni che hanno applicato la legge e le mense scolastiche bio, hanno mostrato una crescita del 40% negli ultimi 4 anni, in cui da  839  a 1.249. Anche la quantità di pasti bio è di conseguenza lievitata: ora se ne servono 1,2 milioni al giorno, mentre nel 2010, erano poco più di un milione. Non in tutta Italia però la situazione è identica: le mense  bio infatti sono molto diffuse soprattutto in tre regioni: la Lombardia che ne ha 224, il Veneto (192) e l’Emilia Romagna (172).  Poichè non specificato dalla legge nazionale, sono state elaborate  delle norme regionali, che a seconda delle regioni, indicano la percentuale minima di prodotti biologici da utilizzare;  ad esempio  l’Emilia Romagna, ha regole molo restrittive, che prevedono che  dal nido fino alle elementari non siano ammessi cibi che non certificati come biologici. In generale le amministrazioni che utilizzino non meno del 50% di prodotti biologici, possono richiedere il rilevante contributo regionale (che dal 60% della spesa nei comuni di maggiori dimensioni arriva all’80% per quelli minori); sostegni economici di varia entità sono previsti anche in Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche e Toscana.  Nonostante ciò,  molte resistenze ad attivare una  mensa BIO sono ancora legate al ” costo” che alcuni ritengono molto più elevato; senza entrare in merito a quanto sarebbe comunque il  risparmio sanitario, se si prevenissero con l’alimentazione, patologie che oggi sembrano associate anche all’esposizione ai pesticidi (diabete, endometriosi, obesità, tiroiditi, dismetabolismi, autismo, tumori), esistono strategie per ridurre al minimo le differenze tra mensa BIO e convenzionale che sarebbero poi in linea con quanto l’OMS  e il World Cancer Research Fund  e lo IARC ( International Agency For Research on Cancer) indicano come scelta salutare: meno carne, meno salumi, più piatti unici  ( pasta e legumi) spesso assenti nei menu, nonostante sappiamo che il consumo delle proteine animali nella fascia infanzia adolescenza è il triplo rispetto ai fabbisogni indicati dai LARN, con tutte le implicazioni note  con l’incidenza di obesità che riguarda questa fascia di età (consumo di proteine e adiposity rebound). Per  abbattere i costi di alcuni paesi europei hanno istituito il self service, coinvolgendo i bambini nella gestione della mensa, come accade ad Helsinki ad esempio:  gli scolari non solo si servono da soli, ma sparecchiano, differenziano i rifiuti e in certi casi lavano persino le stoviglie.  La mensa Bio non è un optional, ma un dritto sancito da una legge oltre che una necessità per tutelare la salute dei consumatori, inclusi i più piccoli:   oltre 10 milioni di italiani pranza regolarmente fuori casa ogni giorno,  la gran parte dei quali sono bambini e ragazzi,  ed è importante garantire cibi sani e di qualità anche nelle mense  a costi che siano sostenibili da tutti.
Fonte
IL REGALO DI NATALE PIU' ROMANTICO E LOW COST
Il regalo di Natale più romantico e low cost: 365 biglietti in un barattolo
Natale è alle porte e la corsa ai regali per fidanzati/e è appena iniziata.
Quante volte vi sarà capitato di avere difficoltà a trovare il regalo perfetto per la vostra dolce metà?
Un utente americano di Reddit, conosciuto con il nickname di «TheOnlyOne87», ha avuto un’idea molto originale.
Il ragazzo, fidanzato da otto anni, ha voluto regalare alla propria fidanzata «The 365 jar» ovvero un semplicissimo barattolo di vetro contenente 365 bigliettini di carta da aprire uno ogni giorno dell’anno.
Il testo muta in base al colore dei bigliettini: giallo per i momenti passati, verde per le citazioni, e su quelli rosa ci sono scritti i motivi per cui la ama.
Il ragazzo, autore della sorpresa che ha fatto commuovere ed intenerire i cuori di moltissimi utenti del web, ha spiegato la ragione di questo particolare regalo: «Un motivo per iniziare bene la giornata».
 
Fonte e foto
PEDALARE AIUTA IL CERVELLO E MIGLIORA LA VISTA
Pedalare aiuta il cervello e migliora la vista
 
Andare in bici fa bene alla salute. Questo lo sapevamo già da tempo ma un nuovo studio ha scoperto che fare sport e in particolare pedalare fa bene anche alla vista.
 
A scoprirlo è stata una ricerca condotta dall'In-Cnr di Pisa e dall’Università di Pisa e pubblicato su Current Biology. Secondo l'analisi, la plasticità del nostro cervello può essere notevolmente potenziata pedalando.
È ormai accertato che l'esercizio fisico faccia bene ai muscoli e al nostro sistema cardiovascolare, rendendoci più resistenti alle malattie legate all'invecchiamento. Ma non era noto se e in quale misura svolgere attività motorie potesse anche agire sui processi di plasticità cerebrale, ovvero sulla capacità dei circuiti del cervello di adattarsi in risposta agli stimoli ambientali.
Ed è su questo che hanno lavorato i ricercatori Alessandro Sale dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Pisa e Claudia Lunghi del Dipartimento di ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa. I due scienziati si sono soffermati sul nostro sistema visivo, studiando uno specifico fenomeno chiamato rivalità binoculare.
“Quando i nostri occhi vedono due immagini diverse, il cervello va in confusione e, per uscire dall’empasse, privilegia ora l’uno ora l’altro dei due segnali”, spiega Sale. “Quindi se vengono inviati stimoli contrastanti (per esempio linee orientate in modo diverso) ai due occhi di un soggetto, egli riporterà una continua alternanza delle due immagini, che verranno percepite per una durata temporale che è funzione della forza dell’occhio a cui lo stimolo è presentato”.
La durata di questa percezione è un indice della plasticità della corteccia visiva adulta: “Abbiamo dimostrato che se si chiude per circa due ore l'occhio dominante, lo stimolo proiettato all’occhio che era stato chiuso sarà percepito per tempi più lunghi. In pratica chiudere un occhio non indebolisce la forza attribuita ai segnali che gli vengono inviati, anzi la potenzia”.
Tutto ciò è alla base della nuova ricerca, che ha esaminato la plasticità del cervello quando si svolge attività fisica. I ricercatori hanno testato gli effetti di due ore di bendaggio di un occhio su 20 adulti in due diverse condizioni: in una i soggetti erano seduti e nell’altra pedalavano su una cyclette.
Le differenze erano evidenti. I soggetti che facevano attività fisica presentavano effetti molto più marcati del bendaggio monoculare, con un notevole potenziamento della risposta agli stimoli presentati all’occhio che era stato chiuso.
I risultati potranno fornire nuove soluzioni nel trattamento di una malattia molto diffusa, conosciuta come occhio pigro o ambliopia. In questo caso, l'esercizio fisico potrebbe aiutare a stimolare la plasticità visiva in maniera naturale.
“Questo studio rappresenta la prima dimostrazione degli effetti dell’attività motoria sulla plasticità del sistema visivo e ci porta a considerare l’esercizio fisico non solo come un’abitudine salutare, ma anche come un aiuto per il cervello a mantenersi giovane” concludono i ricercatori.
Come dar loro torto?
Francesca Mancuso
fonte
LA DIETA DEI 7 CEREALI:
NUTRIMENTO PER IL CORPO E L'ANIMA
La dieta dei 7 cereali: nutrimento per il corpo e l’anima
 
Ti sei mai interrogato sull’origine e sul significato dei giorni della settimana? Lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica non sono nomi scelti a caso, la loro origine si perde nella notte dei tempi ed è associata ai Pianeti. Basta un po’ di attenzione per accorgersene: cosa ti ricorda la parola “Lunedì”? Porta con sé la Luna. E Martedì? Ovviamente Marte. Mercoledì è Mercurio, Giovedì è Giove, Venerdì è Venere, Sabato è Saturno, Domenica si riferisce al Sole. Nomi che, a dispetto dei tempi, hanno mantenuto il legame con la radice originaria, quando i Pianeti non erano solo corpi celesti, ma divinità. In quest’ottica ogni giorno racchiude delle qualità particolari, a seconda del Dio cui corrisponde e a queste qualità si possono associare specifici stati interiori. Associazioni che un tempo apparivano del tutto naturali ma che, oggigiorno, risultano quanto meno assurde.
Ma Rudolf Steiner va oltre, proponendo addirittura una relazione fra cereali e giorni della settimana. Pochi di noi, oramai, impostano la dieta settimanale sulla base di questi presupposti, guardando piuttosto ad aspetti prettamente nutrizionali. Ma come riporta il testo “Alimentazione e Scienza spirituale” di Udo Renzenbrink, “il ritmo dei giorni della settimana è una realtà attraverso la quale la nostra vita acquista forma e colore.” Delineando un’immagine per ciascun giorno, potremmo quindi associare a ognuno di essi un cereale, le cui caratteristiche corrispondano a quelle del giorno prescelto. Anche se a livello puramente fisico questo procedimento non sembra avere alcun senso, né determinare alcun cambiamento, a livello animico il senso esiste eccome. Non è obbligatorio seguire alla lettera un piano settimanale rigoroso, né crederci, ma come si suol dire, tentar non nuoce. E anche se non avessi intenzione di sperimentare l’efficacia della dieta dei 7 cereali, quanto illustrato di seguito ti aiuterà a scoprire significati simbolici che probabilmente ignoravi. E che un giorno, forse, potrebbero tornarti utili.
Lunedì: riso
Il Lunedì, come premesso, è il giorno della Luna, la cui forza è di tipo femminile, passivo. La luna infatti riflette la luce del Sole, agisce sulla forza vitale anziché donare la vita, come fa l’astro domenicale. Il suo elemento è l’acqua, che ne è a sua volta influenzata. E’ l’astro della notte, cela un potere misterioso. Qualità che appartengono al giorno corrispondente, il lunedì, nonostante si siano perse nel corso del tempo. Il lunedì, in quest’ottica, non è il momento dell’azione, ma il tempo della programmazione di ciò che verrà, dell’elaborazione interiore di ciò che è stato. Si riflette sul passato (il weekend) per agire nel futuro (la settimana). Il cereale che meglio identifica queste qualità è il riso, a sua volta imparentato con l’acqua e le forze costruttrici del vivente.
Martedì: orzo
Martedì è il giorno di Marte, dio della guerra. E’ quindi il tempo dell’azione, del coraggio, dell’avvio di nuove imprese, purché mosse dalla forza del cuore. Il cereale in grado di stimolare gli uomini ad agire e nel contempo ad attivare le loro teste era, secondo gli antichi Greci, l’orzo. Non a caso veniva considerato midollo degli uomini, ma anche cibo dei filosofi.
Mercoledì: miglio
Il mercoledì è il giorno di Mercurio, messaggero degli dei, capace di congiungere piani diversi, il cielo con la terra. Mercurio è il pianeta della comunicazione, grande trasmutatore ma anche risanatore, cui corrisponde il miglio, cereale estremamente piccolo ma mobile, che agisce sulla pelle e sugli organi di senso, adibiti al contatto con l’esterno.
Giovedì: segale
Il giovedì è il giorno di Giove, padre degli dei, che simboleggia il potere, l’abbondanza e la ricchezza. E’ un giorno regale, magnanimo, saggio, associato alla segale in quanto cereale dalla figura possente, elevata, ferma. In questo momento abbiamo a disposizione moltissima energia formativa e la segale contribuisce a stimolare l’organo maggiormente influenzato da questo pianeta, ovvero il fegato.
Venerdì – Avena
Il venerdì è associato al Pianeta e alla Dea Venere, simbolo per eccellenza della bellezza, ma anche dell’amore, dell’arte, del piacere di vivere nonché madre di ciò che germoglia. Il cereale corrispondente è l’avena, poiché in relazione con le forze vitali edificanti, nonostante in apparenza risulti molto diversa da Venere, e decisamente meno avvenente. Ma si sa, gli opposti si completano a vicenda.
Sabato – Mais
Sabato è il giorno di Saturno ed essendo quest’ultimo il Pianeta della privazione, un po’ castrante, l’atmosfera corrispondente sarà impregnata di serietà. Al giorno d’oggi il sabato ci appare tutt’altro che cupo visto che, finalmente, possiamo goderci il meritato riposo. Ma in realtà, originariamente, questo è il momento per riflettere su quanto accaduto nella settimana, raccogliendo solo le cose utili. La riflessione implica necessariamente un minimo di serietà e il ritiro interiore. Simbolicamente il cereale più affine è il mais.
Domenica – Frumento
La Domenica è il giorno del Sole, la festa cristiana, il giorno della guarigione, durante il quale siamo chiamati a guardarci dentro in contemplazione meditativa. Anche se qualunque cereale è figlio del Sole, il frumento lo è in modo particolare, simbolo per eccellenza dell’oro solare. Esso agisce sull’organismo in modo equilibrato, diffondendosi in tutto il corpo.
Laura De Rosa
www.yinyangtherapy.it
METODO MONTESSORI: LA SCATOLA DEI MISTERI FAI-DA-TE PER IMPARARE A RICONOSCERE GLI OGGETTI
Metodo Montessori: la scatola dei misteri fai-da-te per imparare a riconoscere gli oggetti
Oggi vi spieghiamo come costruire la scatola magica (scatola dei misteri o sacchetto dei misteri) ispirata al metodo Montessori per imparare a riconoscere gli oggetti. Realizzare con le proprie mani dei giochi educativi per i bambini, sia a casa che a scuola, è davvero gratificante e inoltre permette di risparmiare denaro perché si può partire da oggetti già in proprio possesso senza dover spendere nulla di più.
Il metodo Montessori prevede di utilizzare giochi e materiali educativi che stimolino la curiosità e la manualità del bambino. I piccoli dovrebbero trascorrere ogni giorno del tempo in un ambiente ricco di spunti per l’apprendimento.
Ecco allora che se siamo genitori, nonni, educatori o insegnanti possiamo sperimentare la realizzazione di alcuni oggetti utili secondo i suggerimenti del metodo Montessori. Vi avevamo già spiegato come creare il barattolo della calma per aiutare i bambini a tranquillizzarsi e la scatola per imbucare, che permette ai piccoli di comprendere la permanenza degli oggetti nel mondo anche quando sono nascosti ai loro occhi.
Secondo le parole di Maria Montessori: “L’educazione è un processo naturale effettuato dal bambino. Non la si acquisisce ascoltando delle parole ma grazie alle esperienze condotte in un ambiente adatto”.
Ecco allora che per il bambino sarà più semplice imparare a riconoscere gli oggetti capendo come sfruttare il proprio senso del tatto piuttosto che dando ascolto a lunghe spiegazioni a parole, ben poco pratiche.
Da questo punto di vista il metodo Montessori suggerisce di creare una scatola magica o un sacchetto magico in cui inserire oggetti di dimensioni, forme e consistenze molto diverse tra loro per stimolare la curiosità dei bambini.

Come realizzare la scatola dei misteri ispirata al metodo Montessori

Con la scatola dei misteri potrete dare il via ad un vero e proprio gioco degli indovinelli. Potrete inserire anche degli oggetti un po’ insoliti o poco comuni per il bambino, così potrete rendere l’attività ancora più divertente.
Avrete bisogno semplicemente di:
- 1 scatola di cartone o 1 sacchetto di tela
- 5 o più oggetti molto diversi tra loro
- Forbici e taglierino per completare la scatola oppure
- 1 nastro per chiudere il sacchetto
Per costruire la scatola dei misteri vi consigliamo di partire da una scatola di cartone in cui praticare dei fori abbastanza grandi in modo che il bambino possa inserire facilmente le mani per raggiungere gli oggetti. Scegliere una scatola con coperchio rende più facile disporre gli oggetti nei punti giusti.
In alternativa potrete sostituire la scatola con un sacchetto di stoffa da chiudere con uno spago colorato. In questo caso il bambino inserirà una mano nel sacchetto alla ricerca degli oggetti da indovinare, senza sbirciare. Meglio consigliare di mantenere gli occhi chiusi. Per comodità potrete decorare il sacchetto con un nastro, così da poterlo chiudere facilmente e riaprire quando volete riutilizzarlo.
 
Oggi vi spieghiamo come costruire la scatola magica (scatola dei misteri o sacchetto dei misteri) ispirata al metodo Montessori per imparare a riconoscere gli oggetti. Realizzare con le proprie mani dei giochi educativi per i bambini, sia a casa che a scuola, è davvero gratificante e inoltre permette di risparmiare denaro perché si può partire da oggetti già in proprio possesso senza dover spendere nulla di più.
Il metodo Montessori prevede di utilizzare giochi e materiali educativi che stimolino la curiosità e la manualità del bambino. I piccoli dovrebbero trascorrere ogni giorno del tempo in un ambiente ricco di spunti per l’apprendimento.
Ecco allora che se siamo genitori, nonni, educatori o insegnanti possiamo sperimentare la realizzazione di alcuni oggetti utili secondo i suggerimenti del metodo Montessori. Vi avevamo già spiegato come creare il barattolo della calma per aiutare i bambini a tranquillizzarsi e la scatola per imbucare, che permette ai piccoli di comprendere la permanenza degli oggetti nel mondo anche quando sono nascosti ai loro occhi.
Secondo le parole di Maria Montessori: “L’educazione è un processo naturale effettuato dal bambino. Non la si acquisisce ascoltando delle parole ma grazie alle esperienze condotte in un ambiente adatto”.
Ecco allora che per il bambino sarà più semplice imparare a riconoscere gli oggetti capendo come sfruttare il proprio senso del tatto piuttosto che dando ascolto a lunghe spiegazioni a parole, ben poco pratiche.
Da questo punto di vista il metodo Montessori suggerisce di creare una scatola magica o un sacchetto magico in cui inserire oggetti di dimensioni, forme e consistenze molto diverse tra loro per stimolare la curiosità dei bambini.

Come realizzare la scatola dei misteri ispirata al metodo Montessori

Con la scatola dei misteri potrete dare il via ad un vero e proprio gioco degli indovinelli. Potrete inserire anche degli oggetti un po’ insoliti o poco comuni per il bambino, così potrete rendere l’attività ancora più divertente.
Avrete bisogno semplicemente di:
- 1 scatola di cartone o 1 sacchetto di tela
- 5 o più oggetti molto diversi tra loro
- Forbici e taglierino per completare la scatola oppure
- 1 nastro per chiudere il sacchetto
Per costruire la scatola dei misteri vi consigliamo di partire da una scatola di cartone in cui praticare dei fori abbastanza grandi in modo che il bambino possa inserire facilmente le mani per raggiungere gli oggetti. Scegliere una scatola con coperchio rende più facile disporre gli oggetti nei punti giusti.
In alternativa potrete sostituire la scatola con un sacchetto di stoffa da chiudere con uno spago colorato. In questo caso il bambino inserirà una mano nel sacchetto alla ricerca degli oggetti da indovinare, senza sbirciare. Meglio consigliare di mantenere gli occhi chiusi. Per comodità potrete decorare il sacchetto con un nastro, così da poterlo chiudere facilmente e riaprire quando volete riutilizzarlo.
 
Ecco alcuni esempi di oggetti che potrete inserire nella scatola o nel sacchetto dei misteri: una pigna, un cucchiaino, una piuma, un batuffolo di cotone, un fazzoletto o un foulard, un pettine o una piccola spazzola, un dado, un piccolo giocattolo di legno, una chiave, una noce oppure diversi tipi di frutta.
Potrete procedere così: mostrate tutti gli oggetti al bambino uno alla volta e indicateli con il loro nome. Poi potrete nascondere gli oggetti nella scatola o nel sacchetto e dare il via al gioco. Il bambino dovrà indovinare gli oggetti solo grazie al tatto.
Questo gioco insegna ai più piccoli a riconoscere gli oggetti che utilizziamo nella vita quotidiana. E’ adatto soprattutto ai bambini di età compresa tra i 2 e i 4 anni.
Avete mai provato a costruire e a utilizzare la scatola o il sacchetto dei misteri con i vostri bambini?
Marta Albè
FONTE
LE API E LE RISORSE NATURALI FANNO RISPARMIARE ALL'ECONOMIA MONDIALE PIU' DI 150 MLD ALL'ANNO
Le api e le risorse naturali fanno risparmiare all’economia mondiale più di 150 mld all’anno
La api e la natura contribuiscono all’economia mondiale con un contributo finanziario che forse non ci aspettavamo. Lo ha calcolato BBC Earth che ha così confermato l’importanza del ruolo economico delle api e di altri elementi naturali.
Ogni anno le api contribuiscono all’economia mondiale per circa 150 miliardi, il corallo per circa 6 miliardi, il plancton per almeno 130 miliardi e i castori per almeno 400 milioni di euro. Sono i dati diffusi da BBC Earth sulla base di un progetto pilota che mostra il contributo finanziario della natura all’economia mondiale anno dopo anno.
Per la prima volta la natura entra letteralmente a fare parte della borsa economica internazionale con la pubblicazione dell’Earth Index sul Wall Street Journal per gli Stati Uniti, sul Times di Londra, sull’Economic Times in India e sul Singapore Business Times.
Osservando simili cifre, ci rendiamo conto di come le più importanti multinazionali del mondo generino ricavi che risultano ben inferiori rispetto al contributo economico offerto dalla natura ogni anno.
Per mettere a punto questo indice, BBC Earth ha lavorato con lo specialista ambientale britannico Tony Juniper e ha deciso di commissionare uno studio esplorativo sull’argomento. Ne è emerso che riconoscendo i vantaggi pratici ed economici che derivano dalle risorse naturali, possiamo capire meglio l’impatto dei cambiamenti a lungo termine sul capitale naturale.
Il maggior contributo economico deriva dalle api e dai coralli. Le api sono responsabili dell’impollinazione delle coltivazioni in tutto il mondo. La perdita delle api costringerebbe gli agricoltori ad occuparsi dell’impollinazione in modo manuale, come già avviene nella contea di Sichuan, in Cina, a seguito della perdita degli impollinatori naturali dal 1980 in poi.
Le barriere coralline contribuiscono a proteggere gli ecosistemi marini e rappresentano una risorsa milionaria per l’industria del turismo. I castori sono fondamentali per ridurre il rischio di alluvione grazie alla realizzazione di dighe naturali, mentre gli avvoltoi, in India, evitano la diffusione delle malattie, un pericolo per la salute della popolazione causato dalla presenza di resti di animali in decomposizione. Il declino della popolazione degli avvoltoi ha portato a mettere in atto interventi per la rimozione delle carcasse dal costo non indifferente.
Ora che il valore economico delle api e di altri elementi naturali è stato stimato e valutato come indispensabile per il nostro Pianeta, la speranza è che le aziende che sfruttano le risorse naturali per il proprio sviluppo possano attuare maggiori iniziative per la protezione dell’ambiente.
Marta Albè
fonte
101 CURIOSITA' SUL TUO CERVELLO
101 curiosità sul tuo cervello
di Claudio Belotti
Ho trovato qui è la un po’ di informazioni interessanti che mi hanno fatto riflettere e sorridere …
1. Il peso del cervello umano è di circa 3 kg. (Io conosco persone che secondo me ne hanno uno che pesa molto meno)
2. Il diemisfero è la porzione dell’encefalo che presenta maggiore estensione nell’uomo. È la più grande parte del cervello, l’85% del peso del cervello.
3. La tua pelle pesa il doppio di quanto il tuo cervello.
4. La materia grigia del cervello è costituita da neuroni, che raccolgono e trasmettono segnali. (A meno che non trovi il famoso cervello acqua Lete)
5. La materia bianca è costituita da dendriti e assoni, che creano la rete con cui i neuroni inviano i loro segnali.
6. Il tuo cervello è del 60% della sostanza bianca e 40% di materia grigia.
7. Il cervello è costituito da circa il 75% di acqua. (Non so dopo 4 Gin Tonic)
8. Il tuo cervello è costituito da circa 100 miliardi di neuroni.
9. Ci sono ovunque da 1.000 a 10.000 sinapsi per ogni neurone.
10. Non ci sono recettori del dolore nel cervello.
11. Mentre il cervello di un elefante è fisicamente più grande di un cervello umano, il cervello umano è del 2% del peso corporeo totale (rispetto allo 0,15% del cervello di un elefante), gli esseri umani hanno il cervello più grande rispetto alle dimensioni corporee.
12. Ci sono 100.000 chilometri di vasi sanguigni nel cervello. (Wow!)
13. Il cervello umano è l’organo più grasso del corpo. (E se sei già grasso?)
14. Partendo dall’interno del grembo materno, lo sviluppo del cervello del feto inizia il meraviglioso viaggio che conduce ad un cervello ben sviluppato alla nascita che continua a crescere per 18 anni.
15. I neuroni si sviluppano a velocità di 250.000 neuroni al minuto durante l’inizio della gravidanza.
16. Alla nascita, il cervello era quasi le stesse dimensioni di un cervello adulto e conteneva la maggior parte delle cellule cerebrali per tutta la vita.
17. Il cervello di un neonato cresce di circa tre volte la sua dimensione nel primo anno.
18. Il tuo cervello smesso di crescere a 18 anni. (Ah ecco perché!)
19. La corteccia cerebrale si ispessisce mentre impari ad usarlo. (Riecco perché!)
20. Un ambiente stimolante per un bambino può fare la differenza tra un 25% maggiore di capacità di apprendimento.
21.  Gli esseri umani continuano a fare nuovi neuroni per tutta la vita in risposta alle attività mentale. (Ovviamente quando c’è)
LA TERRA CHIAMA.
ECCO COME AVVIARE UN'AZIENDA AGRICOLA
La terra chiama. Ecco come avviare un’azienda agricola
 
Ad accompagnarci in questo viaggio è Maria Letizia Gardoni, delegata nazionale Coldiretti Giovani Impresa. E’ a lei che abbiamo chiesto di fornire suggerimenti e consigli per chi voglia oggi pensare il proprio futuro legato alla terra.
Quali i presupposti e quali i primi passi?
«Per far nascere una impresa è prima di tutto prioritario avere un’idea intorno alla quale sviluppare un progetto senza fermarsi alla semplice visione bucolica. E senza accontentarsi delle ipotesi più tradizionali, ma considerando l’ampio spettro di opportunità offerte dal settore che, grazie allo strumento della multifunzionalità, ha esteso le sue competenze dalla produzione alla trasformazione e vendita di prodotti alimentari, dalla manifattura agricola fino all’offerta di servizi alle scuole come le fattorie didattiche, ma anche alle pubbliche amministrazioni per la cura del verde. E’ consigliabile, inoltre, confrontarsi con chi ha già fatto esperienze simili, visitando direttamente le aziende in Italia e in Europa; questo contribuisce a focalizzare l’idea e ad individuare le migliori soluzioni. Dopo aver verificato la tenuta dell’idea e averla trasferita in un progetto concreto con la collaborazione di esperti, vanno individuate le opportunità concrete che ci sono sul mercato in termini di località, aziende e professionalità. Non è raro trovare occasioni di acquisto soprattutto nelle aree interne o di montagna dove l’attività di coltivazione e di allevamento è più difficile, ma si possono cogliere opportunità per il turismo rurale. Inoltre occorre verificare le alternative dell’acquisto, dell’affitto o della semplice gestione aziendale considerato che sono molti gli agricoltori anziani che non hanno intenzione di cedere la propria azienda, ma sarebbero disponibili a collaborazioni. Verificare le eventuali ipotesi di dismissioni di terreni pubblici da parte delle autorità pubbliche. Successivamente, una volta individuato il fabbisogno finanziario complessivo, soprattutto per i giovani sotto i 40 anni di età, occorre appurare l’esistenza di agevolazioni per lo specifico progetto considerato. Le agevolazioni per la maggioranza sono di natura comunitaria e vengono erogate attraverso le regioni con la consulenza dei centri Caa avviati anche dalla Coldiretti. Per l’acquisto della terra alcune banche offrono condizioni specifiche anche grazie ad accordi con il Consorzio fidi Creditagri Italia, promosso dalla Coldiretti per la ricerca delle migliori condizioni di accesso al credito e che ha già garantito circa 300 milioni di euro di investimenti proprio a favore dei giovani agricoltori.  Dal punto di vista burocratico sono tre i passaggi fondamentali: apertura di una Partita Iva presso l’Agenzia delle Entrate, iscrizione al Registro delle imprese, sezione speciale Agricoltura, presso la competente Camera di Commercio e iscrizione e dichiarazione presso l’Inps. Una formazione di base in campo agricolo è importante, ma non decisiva anche perché sono numerosi i corsi di formazione professionale organizzati a livello regionale per acquisire competenze e avere la qualifica di imprenditore agricolo dal punto di vista fiscale».
Quali sono, indicativamente, i costi da affrontare?
«Tutto dipende dal progetto imprenditoriale che si vuole sviluppare. Lo strumento produttivo principale è la terra ed oggi il suo costo è elevato, soprattutto per i giovani che si affacciano all’impresa agricola come prima esperienza lavorativa, per chi non ha garanzie familiari sufficienti e per chi è uno startupper. Questo è dovuto ad una scarsità di terreno disponibile sul territorio nazionale per via della cementificazione selvaggia, per gli utilizzi impropri per colture no-food, per impianti fotovoltaici o di biogas da rifiuti industriali. Inoltre il costo della terra varia da zona a zona in virtù delle specificità produttive territoriali e della morfologia. Questo però non è un ostacolo insormontabile, sia perché esistono strumenti finanziari che agevolano l’investimento sia perché è erroneo pensare che la sostenibilità economica di un’attività agricola sia direttamente proporzionale alla superficie aziendale. Quello che conta è saper generare il maggior valore aggiunto per ettaro e questo si ottiene puntando sulla diversificazione della produzione, sulla multifunzionalità, sulla vendita diretta, sulle produzioni di eccellenza. Esistono tante realtà positive di giovani imprenditori agricoli che hanno fondato e conducono aziende di tutto rispetto su appena 6mila metri quadri di terra».
Esiste un percorso specifico per chi vuole dedicarsi al biologico?
«Per il settore biologico, tra i regolamenti dell’UE che permettono agli operatori nel campo dell'agricoltura biologica di avere aiuti finanziari c’è il Reg.2328/91 ed è accessibile a tutte le aziende agricole per il miglioramento delle strutture. Esistono anche interventi specifici per aziende in zone svantaggiate e per l'istituzione di associazioni agricole. L’applicazione di tali regolamenti è rimandata alla legislazione dei singoli Paesi e, per quanto riguarda l’Italia, sono le Regioni a stabilirne le modalità. In generale, comunque, gli ultimi orientamenti della PAC sono stati guidati da una maggiore consapevolezza circa la necessarietà di una sostenibilità ambientale che ha contribuito ad assegnare all'agricoltura biologica un ruolo di primo piano nelle strategie di sviluppo. Ci tengo a ricordare che l’Italia è al primo posto nella classifica europea per numero di operatori biologici nel comparto agricolo: questo è un buon dato che testimonia la nostra continua attenzione per la sicurezza alimentare e per la tutela della biodiversità. Con questo però non voglio screditare l’agricoltura convenzionale che in Italia segue i disciplinari più rigidi e restrittivi a livello mondiale, seguendo delle norme ferree volte a regolare l’utilizzo dei prodotti di sintesi».
Ci sono sostegni europei?
«I sostegni europei rappresentano di certo importanti incentivi per la conduzione quotidiana dell’attività, soprattutto perché vengono vissuti ed interpretati come un’integrazione al reddito; quel reddito agricolo che in alcune situazioni oggi è ancora troppo basso e inappropriato rispetto alla grande valenza economica e sociale che risiede nella figura dell’agricoltore. Detto questo, credo che sia scorretto impostare la propria attività imprenditoriale solo in funzione degli aiuti comunitari, che probabilmente un giorno potranno subire una diminuzione in termini di valore. Così come in altri settori, la capacità imprenditoriale e l’idea progettuale sono le variabili fondamentali per garantire la sostenibilità economica dell’impresa».
Si può far conto su canali alternativi alla grande distribuzione per la vendita dei prodotti?
«I canali di vendita alternativi alla grande distribuzione rappresentano una grande opportunità per recuperare da una parte il valore del prodotto che rimane in mano all’agricoltore e che altrimenti andrebbe smarrito nei lunghi passaggi di mano delle filiere lunghe, dall’altro per garantire qualità e sicurezza al consumatore finale. Un esempio lampante di questo cambio di approccio alla vendita è rappresentato dai mercati di Campagna Amica che presente in quasi 2 mila comuni italiani ha generato 10 mila posti di lavoro coinvolgendo circa 8 mila imprese agricole. Solo nell’ultimo anno, hanno accolto più di 15 milioni di cittadini che sono sempre più consapevoli del ritorno economico e di salute che si guadagna consumando prodotti locali, rigorosamente Made in Italy e che provengono direttamente dai campi coltivati del proprio territorio. E’ per questo che i nuovi canali di vendita rappresentano una fonte di sviluppo per l’economia locale, per l’occupazione, e per una nuova socialità».
 
LENTISCO
LENTISCO
Il Lentisco (Pistacia lentiscus) è un arbusto sempreverde della famiglia delle Anacardiace.
La pianta ha un portamento cespuglioso, raramente arboreo, in genere fino a 3-4 metri d'altezza. La chioma è generalmente densa per la fitta ramificazione, glaucescente, di forma globosa. L'intera pianta emana un forte odore resinoso. La corteccia è grigio cinerina, il legno di colore roseo.
Le foglie sono alterne, paripennate, composte da 6-10 foglioline ovato-ellittiche a margine intero e apice ottuso. Il picciolo è appiattito e alato. L'intera foglia è glabra.
Il lentisco è una specie dioica, con fiori femminili e maschili separati su piante differenti. In entrambi i sessi i fiori sono piccoli, rossastri, raccolti in infiorescenze a pannocchia di forma cilindrica, portati all'ascella delle foglie dei rametti dell'anno precedente.
Il frutto è una piccola drupa sferica o ovoidale, di 4-5 mm di diametro, di colore rosso, tendente al nero nel corso della maturazione.
La fioritura ha luogo in primavera, da aprile a maggio. I frutti rossi sono ben visibili in piena estate e in autunno e maturano in inverno.
 
Drupe
Il lentisco è una specie diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo prevalentemente nelle regioni costiere, in pianura e in bassa collina. In genere non si spinge oltre i 400-600 metri. La zona fitoclimatica di vegetazione è il Lauretum. In Italia è diffuso, in Liguria, nella penisola e nelle isole. Sul versante adriatico occidentale non si spinge oltre Ancona . In quello orientale risale molto più a nord arrivando a tutta la costa dell'Istria.
È uno degli arbusti più diffusi e rappresentativi dell'Oleo-ceratonion, spesso in associazione con l'olivastro e il mirto , più sporadica è la sua presenza nella Macchia mediterranea e nella gariga. Grazie alla sua frugalità e ad una discreta resistenza agli incendi è piuttosto frequente anche nei pascoli cespugliati e nelle aree più degradate residue della macchia.
Al lentisco vengono riconosciute proprietà pedogenetiche ed è considerata una specie miglioratrice nel terreno. Il terriccio presente sotto i cespugli di questa specie è considerato un buon substrato per il giardinaggio. Per questi motivi la specie è importante, dal punto ecologico, per il recupero e l'evoluzione di aree degradate.

Utilizzo

Pur avendo perso gran parte della sua antica importanza, il lentisco è una specie che ha ancora una larga utilizzazione per molteplici scopi.

Olio di lentisco

In Sardegna l'olio di lentisco (oll'e stincu) è stato fino al XX secolo il grasso alimentare  vegetale più consumato dopo l'olio d'oliva e dell'olio di olivastro. L'olio d'oliva di una certa qualità era infatti destinato alle mense dei ricchi e per le occasioni particolari, mentre gran parte dell'olio prodotto, essendo di scarsa qualità, era utilizzato prevalentemente per alimentare le lampade. L'olio di lentisco era forse apprezzato per le sue spiccate proprietà aromatiche, di gran lunga superiori a quelle dell'olio lampante, ma in ogni modo si trattava di un alimento destinato alle mense dei poveri, a cui si faceva largo ricorso in periodi di carestia e in occasioni di scarso raccolto dagli olivi e dagli olivastri.
La tradizione dell'olio di lentisco come grasso alimentare si è persa nella metà del XX secolo allorché nel secondo dopoguerra si è avuta una maggiore diffusione prima dell' olio d'oliva e poi degli oli di semi. In seguito l'olio di lentisco ha avuto rare utilizzazioni sporadiche come prodotto di nicchia o per scopi folcloristici. L'uso dei frantoi oleari  per estrarre l'olio di lentisco è sconsigliabile in quanto le proprietà organolettiche dell'olio d'oliva estratto in lavorazioni successive sono inquinate da quelle aromatiche del lentisco.

Legno

Il legname del lentisco è apprezzato per lavori di intarsio grazie al colore rosso venato. In passato veniva usato per produrrecarbone vegetale e ancora oggi è apprezzato per alimentare i forni a legna delle pizzerie in quanto la sua combustione permette di raggiungere in tempi rapidi alte temperature.

Foglie

Le foglie, ricche di tannini venivano usate per la concia delle pelli. I rami con enorme successo sono usati come verde ornamentale, tale massiccio uso attraverso tagli indiscriminati senza alcun controllo da parte degli organi preposti sta causando seri danni ai boschi dell'Albania della Tunisia e del sud Italia. Per ovviare a tale distruzione dell'habitat si è cominciato timidamente a coltivarlo (primi impianti nella zona di Latina).

Resina

Mastice, ovvero resina del lentisco.
La resina del lentisco è detta mastice di Chio e in diverse lingue è indicata con il termine di mastice. Di colore giallo, veniva usata in passato come chewing gum anche per la sua azione benefica sul cavo orale (rassodante delle gengive e purificante dell'alito). È inoltre considerato antidiarroico. Ancora oggi, come per il passato con la resina, sciolta nella trementina purissima, si prepara una vernice per impieghi artistici (pittura a olio e/o a tempera) sia per "mesticare" colori sia, soprattutto, per restauri neutri su dipinti antichi. Le sue caratteristiche ne consentono infatti l'asportazione senza danno alcuno.
In Chio, che è il luogo di produzione della resina di maggior pregio, è prodotto un liquore aromatico derivato dalla resina, con funzioni digestive, molto apprezzato: il "Mastika".
Gli impieghi attuali della resina vanno dalla profumeria all'odontotecnica (come componente di paste per le otturazioni e mastici per le dentiere). È anche impiegato come componente nella produzione della gomma da masticare.
La resina si può estrarre praticando incisioni sul fusto e sui rami in piena estate e raccogliendola dopo che si è rappresa all'aria. Si sottopone a lavaggio per eliminare le impurità e si conserva dopo essiccazione in contenitori di legno.

Frutti

In passato i frutti venivano sottoposti a bollitura e a spremitura per estrarre un olio. Impiegato come combustibile per l'illuminazione e come succedaneo dell'olio d'oliva per l'alimentazione. Tuttora in Sardegna è utilizzato, anche se raramente, sia popolarmente, che nella ristorazione.

Giardinaggio

Arbusto
Il lentisco si presta per essere impiegato come componente di giardini mediterranei e giardini rocciosi. Poiché resiste bene alle potature drastiche è adatto anche per la costituzione di siepi geometriche, dal momento che la ramificazione fitta, la vegetazione densa e le ridotte dimensioni delle foglioline si prestano a questo scopo.

 
 
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